Responsabilità delle imprese nella fase 2: intervista all'Avv. Marco Proietti

  • 21/05/2020

Responsabilità delle imprese nella fase 2:
intervista all'Avv. Marco Proietti

Archiviata la fase 1, ci attende una fase 2 ancora più dura, non solo per le ovvie complicazioni economiche (che si sommano ad oltre due mesi di lockdown), ma anche per i possibili contenziosi che si profilano all'orizzonte. La rubricazione dell'infezione da Covid-19 quale infortunio sul lavoro INAIL e le pesanti responsabilità in capo alle imprese si muovono infatti in un contesto normativo frammentato e contraddittorio. Per assistere le strutture territoriali e le imprese associate in questa delicata fase, Federlavoro - Federazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, si avvale della collaborazione dell'Avvocato Marco Proietti, Associate di GFPLAW, prestigioso studio legale con sede in Roma specializzato in diritto del lavoro e relazioni industriali (segnalato dal Sole 24 Ore tra gli studi legali dell’anno 2020 per l’area “Diritto del lavoro e welfare” e per il secondo anno consecutivo tra i primi studi legali in "lavoro e previdenza" in Italia).

Archiviata la fase 1, su quali aspetti vertono oggi le principali controversie giuslavoristiche da voi osservate e a quali settori appartengono – o prevedete apparterranno - le imprese oggetto di maggiori attacchi?

Siamo nel pieno della fase 2, ma non ancora nel pieno della crisi economica. A ben vedere, i risultati (negativi) del prolungato stato di lockdown – perfino illogico in molti settori – comporteranno una serie di conseguenze sull’occupazione e sullo stato di salute economica delle imprese. Il settore del turismo, ad esempio, è quello che subirà nell’immediato maggiori contraccolpi poiché la riduzione dei consumi (dai ristoranti alle prenotazioni dei luoghi di vacanza) e la ridotta circolazione delle persone nell’area UE si protrarrà, presumibilmente, per tutto il 2020. Allo stesso modo, i lavoratori del terziario saranno coinvolti nei prossimi mesi, e sostanzialmente per le medesime ragioni sopra esposte. Si ridurrà il personale o la possibilità di prorogare i contratti in essere, e temo si farà largo uso del lavoro irregolare (o sommerso) per sopperire ai minori introiti del periodo. La categoria di lavoratori maggiormente colpita sarà sicuramente quella degli stagionali, dei commessi di negozi e degli addetti al settore della ristorazione. Il rischio di controversie di lavoro, per licenziamenti, sarà prevedibilmente piuttosto alto.

Quali responsabilità si profilano per le imprese, sia verso i propri dipendenti, sia nei confronti della clientela/dei visitatori?

Il TU 81/2008 stabilisce delle regole piuttosto chiare sulle misure di sicurezza che deve adottare il datore di lavoro per la prevenzione dai rischi di impresa. E’ anche vero che ricondurre una responsabilità oggettiva del datore di lavoro ogniqualvolta ci si trovi di fronte ad un caso di Covid19 è a mio avviso eccessivo e perfino stridente con la realtà. Sicuramente servirà maggiore cautela nella predisposizione delle misure di sicurezza e nella formazione dei dipendenti, rendendo consapevoli gli stessi che il rispetto della normativa è prima di tutto a garanzia della loro salute. Allo stesso modo, non credo sia utile eccedere nello zelo con i clienti, per evitare di trovarsi di fronte a situazioni controproducenti che finiranno in ultima sede per inibire la ripresa dei consumi: dunque cautele sì, ma un rapido e irrinunciabile ritorno alla normalità.

Di fronte a disposizioni contraddittorie e frammentate sulle misure di sicurezza da adottare e all'imposizione di DPI non sempre disponibili, le imprese non dovrebbero godere di attenuanti?

Direi proprio di sì. Le imprese sono state travolte dal virus in prima ondata, e dal lockdown in seconda ondata: attribuire alle stesse ogni ulteriore conseguenza derivante dal Covid19 (spesso invece connessa a negligenze perfezionate in altri ambiti), è evidentemente poco corretto.
Per altro verso, come giustamente osservato, l’uscita dalla pandemia ci sta infilando in un groviglio di norme e regole frammentate, farraginose e perfino in contrasto tra loro, ove molto è lasciato all’interpretazione e alla valutazione del caso singolo: l’incertezza del diritto, legata alla poca chiarezza del legislatore, è terreno fertile per il contenzioso, ed allontana quegli investimenti che sarebbero invece necessari per una rapida ripresa economica. Semplificare la legislazione è quindi essenziale. Allo stesso modo, tutelare le imprese è imprescindibile per garantire l’occupazione.

Come si devono muovere le imprese con un contagio da Covid-19 rubricato come infortunio sul lavoro e conseguente inversione dell’onere della prova?

Con la massima cautela. Devono essere stabiliti dei protocolli interni ove più che la severità delle norme si deve prediligere la chiarezza. Il lavoratore deve essere messo in condizione di autoregolare il proprio comportamento, tutelando se stesso ed i propri colleghi, e certamente l’azienda deve fornire gli elementi (ripeto, soprattutto in termini di formazione) e gli strumenti per consentire il corretto svolgimento della prestazione di lavoro.

Le cautele imposte dal DPCM richiederanno maggiore flessibilità in termini di gestione dell'orario lavorativo, delle ferie, della malattia, del periodo di comporto, del licenziamento e di uno smartworking che comincia a profilarsi come “diritto”....cosa ne pensa?

Premetto che ritengo l'uso del DPCM uno strumento costituzionalmente non legittimo.
In secondo luogo, alcune misure superano perfino la logica del buon senso. Abbiamo dimostrato, qualora ve ne fosse necessità, di essere un popolo diligente e intelligente: ora credo che si debba riprendere la via della normalità senza troppi tentennamenti, pur rispettando alcune regole – come quelle di sicurezza del lavoro – che comunque dovrebbero prescindere dall’esistenza del Covid19.
Lo smartworking va a mio avviso analizzato sul lungo periodo. In alcuni casi, infatti, si sta mostrando come uno strumento molto utile per conciliare lavoro e famiglia, mentre in altri casi ha finito con il determinare l’effetto opposto, ovvero una c.d. “continua connessione”, con possibili conseguenze sul piano psicologico. Peraltro lo smartworking nasce per poter lavorare ovunque. In questa fase, invece, si è piegato a ragioni diverse ed è diventato un “lavoro da casa” al pari del telelavoro, che presenta problemi anche giuridici e di controllo non indifferenti. Inoltre resta sempre piuttosto controverso come controllare il rendimento della prestazione senza incorrere in violazioni, soprattutto in termini di privacy.

Questa situazione comporterà a suo avviso conseguenze anche in termini di metodiche e contenuti della contrattazione collettiva e per il ruolo della stessa sindacalità?

Quanto alla contrattazione, l’auspicio è di un maggiore impulso verso quella di tipo aziendale, consentendo un avvicinamento tra le posizioni dell’impresa e del lavoratore e perfezionando dei metodi di vera e propria partecipazione.

 



Le ultime novità

VEDI ELENCO COMPLETO

Login Utenti