La prima edizione del report Osservatorio Professionisti promosso da Zucchetti su circa mille studi professionali italiani evidenzia che è in corso un ripensamento dell’attività del professionista che, da fornitore di servizi, si sta trasformando sempre più in consulente strategico.

Infatti, a prescindere dalla dimensione, il 60% degli studi dichiara di offrire servizi aggiuntivi oltre a quelli distintivi della professione e un quinto afferma che più del 20% del fatturato deriva proprio da questi servizi. Da qui la necessità di orientare l’attività verso la consulenza alle imprese, confermata dall’affermazione da parte degli studi di ogni dimensione (in media il 70%) di svolgere un ruolo strategico nella definizione degli obiettivi dei clienti. Va da sé che l’ampliamento delle prestazioni offerte richiede nuove competenze che si traducono, da un lato, con la promozione della formazione (oltre il 70% degli studi dichiara di proporre piani formativi di aggiornamento) e, dall’altro, con una crescente sinergia fra differenti specializzazioni.

I fattori che hanno generato la svolta si possono ricondurre essenzialmente alle mutate condizioni di organizzazione del lavoro che l’evento pandemico ha generato e alla digital disruption della Pubblica Amministrazione, che ha imposto agli studi l’adozione di soluzioni tecnologiche per gestire i nuovi adempimenti.

Dai dati emersi risultano vincenti cinque attitudini digitali: l’utilizzo sistematico di strumenti più efficienti e integrati ai gestionali per scambiare direttamente le informazioni con i clienti, come App e portali web; l’adozione di software dotati di efficaci funzionalità per il controllo automatizzato dell’elaborazione dei cedolini; l’offerta di servizi aggiuntivi, come la gestione del welfare, l'outsourcing di presenze, note spese e recruiting; il ricorso a strumenti di analisi dei dati per utilizzare al meglio il patrimonio di informazioni a disposizione; la formazione continua dei collaboratori, insieme all’aggiornamento normativo.