Intervista all'Avvocato Marco Proietti

  • 19/05/2021

Intervista a Marco Proietti, Avvocato giuslavorista del Foro di Roma, titolare della cattedra in diritto processuale del lavoro presso l’Università E-Campus ed autore di numerose pubblicazioni per le principali riviste scientifiche in ambito diritto del lavoro e relazioni industriali. Lo studio legale Proietti, per il terzo anno consecutivo accreditato tra i primi 30 studi italiani in materia di diritto del lavoro dall'indagine di Statista per il Sole 24 Ore, ha sottoscritto con Federlavoro una convenzione che prevede un trattamento particolarmente favorevole per gli associati.


Tra vaccini, divieto di licenziamento e smart working: intervista all'Avvocato Marco Proietti

1) Quali conseguenze si profilano nel caso in cui un lavoratore rifiutasse di sottoporsi al vaccino?

Allo stato attuale, un licenziamento del lavoratore che riufiuti di vaccinarsi sarebbe illegittimo.
In primo luogo, non esiste un obbligo di legge relativo alla vaccinazione e non sarebbe in alcun modo giustificabile imporlo, neppure con un accordo sindacale di secondo livello; in secondo luogo, il vaccino dovrebbe ritenersi efficace, ossia dovrebbe risultare incontrovertibile che, una volta vaccinato, il lavoratore non possa essere comunque portatore “sano” del virus. Cosa ad oggi indimostrabile. Un licenziamento irrogato in queste condizioni sarebbe quindi addirittura ritorsivo. Infine, la tutela della salute prevede un bilanciamento degli interessi. Cosa fare se il lavoratore vaccinato subisse degli effetti collaterali superiori al limite di tollerabilità? Il datore rischierebbe una causa per risarcimento danni! Ergo: si potrà fornire una valutazione dettagliata solo quando verrà approvata una legge che stabilisca l’obbligatorietà del vaccino, secondo criteri di proporzionalità e non manifesta illogicità. Salvo che, nel frattempo, non si raggiunga l’immunità di gregge...

2) Il divieto di licenziamento perdura ormai da marzo 2020, ma il termine sta ormai per scadere. Quali licenziamenti saranno ammessi e con quali condizioni?

Il D.L. Sostegni ha prorogato il blocco dei licenziamenti al 30 giugno per i lavoratori delle aziende che dispongono di CIG ordinaria e straordinaria (soprattutto industria e agricoltura); al 31 ottobre per i lavoratori delle aziende coperte da strumenti in deroga (soprattutto terziario), e dal 1° luglio al 31 ottobre per le imprese che accedono alla cassa integrazione per le nuove settimane introdotte dal decreto stesso. E' comunque atteso per le prossime settimane un nuovo decreto che introdurrà delle semplificazioni (ad esempio sui contratti di espansione che favoriscono il ricambio generale) e nuovi strumenti per ammortizzare, nei limiti del possibile, il possibile impatto deflagrante dello sblocco dei licenziamenti sui livelli occupazionali. Mi si consenta tuttavia una riflessione personale. Per superare la crisi si richiederanno profondi interventi di riorganizzazione aziendale di reparti, mansioni, orari, retribuzioni: un vero e proprio piano industriale - con relativi esuberi. Licenziare nel 2022 invece che nel 2021, purtroppo, non cambierà un dramma che, temo, sarà in gran parte inevitabile. Peraltro, tale situazione finisce per legare la conservazione dei posti di lavoro alla CIG – ovvero congelare le aziende alla fase pre-Covid che, inevitabilmente, sarà diversa al suo termine – procrastinando situazioni di precarietà che meriterebbero invece un intervento immediato. Liberare le energie del mercato per salvare i posti di lavoro sarebbe, a mio avviso, una scelta migliore.

3) Un'indagine di Repubblica mostra che se solo metà dei dipendenti pubblici e privati facesse a turno smartworking, si risparmierebbero un miliardo e 100 milioni in trasferte da/per il posto di lavoro (spese di carburante, manutenzione mezzi, pedaggi), oltre a ridurre le emissioni di CO2 di ben 330mila tonnellate. Risparmi, comfort ed impatto ambientale fanno quindi pensare che lo smartworking resterà anche a Covid archiviato. Ma cosa manca per dare dignità e tutele a questa modalità di lavoro? I datori di lavoro sanno ragionare in termini retributivi non meramente orari?

Concordo che probabilmente lo smart working in molti casi resterà anche a pandemia conclusa, benché esso stesso non sia esente da controindicazioni, esasperando di fatto il processo di desertificazione delle città e del tessuto produttivo urbano che col Covid ha visto una drammatica accelerazione. Lato normativo, il tema più attuale è il diritto alla disconnessione, che sembra però sia stato inserito nell'ultimo decreto del governo, aprendo dunque una finestra temporale (ogni tot ore lavorate) nella quale il lavoratore è autorizzato a disconnettersi. Quanto al tema retributivo, il mercato del lavoro sta andando da tempo verso una valutazione sempre più stringente del rendimento e, con l'avvento delle tecnologie digitali e degli algoritmi, lo smart working sarà, inevitabilmente, il candidato ideale per questo tipo di controlli.

4) Per il terzo anno consecutivo l'indagine di Statista per il Sole 24 ore accredita il vostro tra i primi 30 studi italiani in materia di diritto del lavoro. Che tipo di servizi offrirete a Federlavoro?

Siamo orgogliosi e grati di questa conferma, che quest'anno ha peraltro visto un florilegio di studi “boutique” come il nostro. Il mondo professionale si divide infatti nei grandi studi di impostazione americana, con molti collaboratori e diverse materie trattate, e in studi “boutique”, caratterizzati da pochi professionisti ultra specializzati. Agli associati Federlavoro offriremo, in materia di diritto del lavoro e societario, quell'assistenza - mi si passi la parola - "artigianale", metodica e minuziosa che solo uno studio “boutique” può offrire. E a condizioni di particolare vantaggio. 



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